venerdì 28 ottobre 2011

Un buon capo.

Quando da bambino ti ritrovi a essere il più vecchio tra tutti i tuoi cugini impari a essere capo.
Un buon capo deve prendersi cura dei più piccoli, deve proporre battaglie coi vicini di casa solo quando è sicuro di vincere.
Un buon capo non deve annoiare la banda, deve avere inventiva. 
Facciamo vomitare Massimiliano, avevo proposto quella volta. Avevamo preso una tazza piena di acqua e ci avevamo sciolto sale, zucchero e limone. Bevi, è buonissimo. Lui, ignaro e obbediente aveva bevuto. Era ingrigito di colpo e aveva cominciato a vomitare.
Un buon capo deve convivere coi sensi di colpa. 
Se si decide di suonare i campanelli e poi scappare, un buon capo lo fa per primo.
Se si decide di suonare i campanelli, ma qualcuno potrebbe vederti, un buon capo deve saper delegare.

Un buon capo ha aiutanti. Odia i sosia.

Mia cugina voleva essere me. 
Un buon capo all'inizio accetta lusingato. 
Mia cugina picchiava gli altri per starmi vicina. Diceva, con lei ci sto io, tu vai via. 
Un buon capo avrebbe dovuto eleggerla suo braccio destro. Ma mia cugina imitava i gesti, ripeteva le frasi, si faceva comprare le stesse cose che i miei genitori avevano regalato a me. 
Un buon capo capisce subito quando arriva il momento giusto per smettere di essere buono. 
Si era fatta comprare anche il cd dei Chumbawamba. BAN! Una novenne, pensavo dall'alto dei miei undici anni, cosa vuole saperne dei Chumbawamba ?!?

I copioni vanno eliminati. Sempre.

Prima li ignori. Poi magicamente, la tua preferita diventa sua sorella, la minore. 
Se ancora insiste cerchi di farti odiare, a nascondino facevo contare sempre e comunque mia cugina. 
Se persevera hai tutto il diritto di passare alle mani.

Il problema arriva quando cresci e hai un'amica che adori.
Capita che facciate la stessa facoltà e che vi laureiate lo stesso giorno.

Quella volta l'ho chiamata, Eri, le ho detto, ho deciso il titolo della tesi! Il mio prof mi aveva raccomandato di scegliere un titolo che colpisse, di essere originale. Parlavo del motto di spirito nelle avanguardie artistiche del primo Novecento.

"L'avanguardia che ride" 

Bello, incisivo.  
Perfetto.

Passano tre giorni.

Erika mi telefona. Sai, mi dice. Anche io ho deciso il titolo della tesi.
Aveva fatto un lavoro bel sul cibo nelle commedie latine, un lavoro completamente diverso dal mio, si parlava di specie ittiche e cose commestibili che adesso neanche ricordo, non ha importanza. 
Che titolo? faccio io.

"Il pesce che ride"

Ammutolisco.

Eri?
Si?
Ti rendi conto hai copiato il mio?
Ecco perché mi era famigliare! 
...
...
Cambialo, va'. Che ci laureiamo anche lo stesso giorno.

Ho già fatto stampare la tesi.

Un buon capo capisce subito quando arriva il momento giusto per smettere di essere buono. Una buona amica prega di non commettere un omicidio, viene esaudita e tutto rimane come prima.




lunedì 24 ottobre 2011

Fratellità!

Mio fratello quando mi abbraccia mi solleva.
Sei ingrassata, mi dice.
Mio fratello è mio fratello perché gli rispondo di sì, che è vero, sono ingrassata. Ma poi posso sempre mandarlo affanculo.

venerdì 21 ottobre 2011

Storia di una stagione.

Il freddo si è fatto umido, cammini per la strada e ti sembra che le ossa si siano imbevute d'autunno. Oggi le pozzanghere le schivo, una volta dividevo le acque come Mosè, aprendole in due con la bicicletta. Si pedalava veloci, poi sollevavo le gambe per evitare gli schizzi neri che mi avrebbero sporcato i calzini.
Quando le foglie cadevano era tempo di andare nel bosco, mi costringeva mia madre, perché io nel bosco non ci vengo, mi viene il prurito. 
E quando trovavo una salamandra la mettevo nel cestino dei fughi, posso mostrarla alla maestra, ti prego? Ci davo un nome e cercavo di capire di che colore avesse la lingua.

Quando viene il suo tempo la stagione ritorna, mi ci infilo dentro col cappotto di lana. Lei mi guarda, non mi riconosce. 
Sei cresciuta, mi dice. 
Capita a tutti, le rispondo.

Mi chiedo se, ogni anno che passa, lei non diventi più sola.



martedì 18 ottobre 2011

Be italian.

Se non puoi concederti un master che valorizzi la tua laurea, prova a investire sul nuovo super push-up di intimissimi.
Diventerai subito più intelligente.

venerdì 14 ottobre 2011

Scansano

La casa in Maremma profuma di erba bionda e di mattine addormentate. La ritrovo com'era allora, quando andavo a caccia di rospi e mia sorella non sapeva ancora stare a galla. I campi chiacchierano anche la notte, quando i grilli iniziano a cantare e i cinghiali scavano buche col muso sotto la nostra finestra.

Prima di andare a nuotare a Talamone passiamo a comprare la schiacciata coi pomodori e quando la mangio mi sporco le labbra e quasi quasi ti do un bacio per sporcarti la fronte. 

Al mare il vento solleva gli aquiloni, il cielo trascina i kitesurfer senza fare fatica, sulle onde si scivola via segnando percorsi orizzontali.
Dentro le chiocciole ci sono i paguri,  le cipruschide-ciproschidi le avevamo chiamate, le raccoglievamo in un secchiello e lì stavano fino a sera.

A casa chi fa la doccia per primo deve stare attento a non finire il boiler. Io sono seconda anche se tu sei un distratto, perché mi piace stare seduta sotto la vite a leggere un libro e a immaginare come sarà questo posto quando ritorneremo fra vent'anni. 

Giochiamo a carte fino a quando non si spegne il giorno, e allora ci stringiamo sotto le lenzuola come quando da bambini ci si racconta le storie dell'orrore per avere paura insieme, che, lo sappiamo, qui siamo al sicuro.

martedì 11 ottobre 2011

Perla di saggezza n°1.


Quando il tuo innamorato inizia a chiamarti "amaro" anziché "amore",  puoi effettivamente cominciare a esser gelosa del Cinar ghiaccio-limone.

sabato 8 ottobre 2011

Il pesce volante.

Aspetto che arrivi il nostro tempo, e nell'attesa si consumano ore- ore lunghe più degli anni. E mi ingarbuglio in pensieri inutili, inciampo e mi imprigiono.
I tempi complementari aumentano la distanza, che io so colmare solo con la malinconia. Vorrei assomigliarti e ricucire le divergenze con la leggerezza, ma stiamo imparando insieme a bilanciare i pieni e i vuoti.

Sono il pesce volante e tu il gabbiano. Dimmi come posso fare per spiccare il volo. 
Che io a guardarti dal mare mi sento affogare.

venerdì 7 ottobre 2011

Viva la Madonna!

Abitavamo nella casa nuova da un paio di settimane. Una casa grande, appena fatta ristrutturare da uno dei migliori geometri di Schio.
Le pareti erano rosa pesca, le stanze odoravano di dipendenza, sapevano ancora di vernice fresca, uno di quegli odori che continui ad annusare per stordirti, come quello di benzina.

La mia famiglia è una famiglia squilibrata, in senso buono, ma squilibrata. O si è felici all'ennesima potenza o nascono gli uragani. 

Quella volta io e mia sorella avevamo vinto alla pesca due scatole di gessetti, li tenevamo sopra il comodino, non sapevamo cosa farcene. Serena preferiva guardare Solletico, io leggere Top Girl in cucina, il numero Uno l'avevo comprato al posto del libro di catechismo. Mia madre correggeva un pacco di compiti in salotto.
Frammenti di una vita quotidiana qualunque.
Solo mio padre era andato al lavoro insolitamente contento.

Quella sera sarebbe passato il geometra a controllare i soffitti delle camere, una cosa svelta, questione di cinque minuti.
Ed eccolo che suona, un gambo di sedando infagottato in un piumino color senape. Aveva il viso lungo, sempre troppo imbronciato, come gli uomini nelle foto in bianco e nero, pietrificati dal flash in una serietà imbarazzata.
Mia madre somigliava invece a una mela Golden Delicius, era andata ad aprire sorridente e gli aveva offerto un caffè.
Ma l'uomo aveva fretta, andiamo subito a vedere le camere, signora. E mia madre lo accompagna, apre la porta e invecchia di colpo, le sembra di vacillare.

Sulla parete sopra il letto matrimoniale trionfava la scrittura di mio padre in un murales beffardo color blu-vittoria:

VIVA LA MADONNA!!!! (e tutti i santi!!!!)

Aveva usato il più deciso dei nostri gessetti.

Il geometra aveva guardato la stanza in maniera interrogativa, aveva controllato il soffitto e se n'era andato alla svelta. Allibito, probabilmente.

Mia madre si era sentita morire. Aveva chiamato mio padre in ambulatorio e lui gli aveva risposto allegro come i bambini che l'hanno appena combinata grossa. 
Poi l'aveva tranquillizzata, tanto è gesso, va via subito.

Io e mia sorella, ammirate, pensavamo di avere il padre più simpatico del mondo.

E voi. Cari amici. Sappiate che il gesso blu non viene via dal muro, neanche col bruschetto. 
Mio padre si sbagliava.