domenica 28 aprile 2013

La bugia

Alzati.
Quanto tempo è passato da quando hai sentito la voglia di scappare, hai infilato le scarpe da ginnastica e una maglietta scolorita e sei uscito in strada.
Un passo dopo l'altro, sempre più veloce, ti ritrovi ad alzare le ginocchia, il respiro si accorcia e ti trasformi in corpo- fiato, muscoli, sangue.

Ci siamo ritrovate a scoprire il suo segreto, che ci ha inghiottite all'improvviso. E' una storia triste che non potrà mai trasformarsi in aneddoto.
I pensieri soffocano il buon umore, corro e mi riempio di strada, alberi e fatica.

Tutte le mattine passo davanti al campo con i bersagli per il tiro con l'arco. Un padrone toglie il guinzaglio a un cane bianco e nero, lui si allontana baldanzoso per annusare il mondo il più possibile. 
Il padrone lo aspetta, il cane è pronto a rincasare.

La sua bugia ha trasformato i ricordi in parole di plastica.

Corro e mi trasformo in cane.

Quando non riesci a leggere nell'anima di qualcuno, cerca di andare via e poi ritorna.

Adesso andiamo lontano.

venerdì 19 aprile 2013

Marezzatura


Quando ti tirano un montante sul fegato ti spezzi e non respiri.
Ieri mattina mi piego ad angolo retto, non mi ha picchiato nessuno, purtroppo. Torno a casa dal lavoro.
Pronto soccorso.
La sala d'aspetto è piena di gente, a uno gocciola il dito. Gli spiegano che gli arti non hanno la precedenza, si sieda e stia buono. Sporca di sangue il pavimento.
Mi mettono in barella e mi fanno una flebo. Il dottore che mi visita ha il cinismo di Bob Kelso e la simpatia di Josef Mengele.
In sala d'attesa i pazienti bestemmiano in dialetto, in corsia i medici bestemmiano in italiano.
Devo fare i raggi e poi deve vedermi il chirurgo. Mi portano in diagnostica. La barella e il dolore spossante mi fanno addormentare in continuazione. Sogno che mi dondola un incisivo, mi sveglio prima di perderlo perché porta sfiga. Ci parcheggiano in corridoio e mi vengono in mente le pizze quando aspettano di essere infornate, fuori uno e dentro l'altra.
I vecchi spariscono dentro le lenzuola bianche, mi fanno tenerezza.
Arriva il momento del chirurgo. Un chirurgo te lo aspetti con gli occhiali e con la barba.
E invece arriva un ragazzo con le orecchie a sventola e il viso di bambino con un assistente al seguito. Giovani. Un pelino troppo. 
Leggo la targhetta. Specializzando.
Ora.
Anni di Scrubs mi hanno fatto passare dopo pranzi bellissimi, ma adesso a guardali mi vengono in mente Turk e il dottor Dorian o Tom e Jerry. 
Li temo e prego nell'autenticità loro vocazione.
Ho i globuli bianchi alti.
Mi mandano a fare l'ecografia. Entra un medico bellissimo e penso a Erika, adesso che è single dovrebbe farsi un giro all'ospedale. Intanto sono le sei. Mi mandano in codice giallo. L'infermiera mi dice, adesso ti faccio un'altra flebo.
Si può sapere cos'ho? E quella ridendo mi dice.

Abbondante marezzatura fecale.

Mia sorella scoppia a ridere e comincia a scrivere messaggi a mio padre, a Marco, a mio cognato. Io chiedo, è sicura di non aver sbagliato cartella? In genere faccio tantissima cacca, non posso essere io. 
Tutti i miei amici potrebbero confermarglielo.
L'infermiera se la ride. Probabilmente ha fatto una colica. Le faccio la flebo di purgante.
Arrivano Marco e cognato. Ilaria, mi dicono, sei piena di merda.
A me sembra impossibile. Torno a casa la sera, sfinita. Anche mio padre guarda le analisi, è perplesso.
E sta mattina di nuovo i controlli. Ho una punta in basso sul fianco destro. Il chirurgo di oggi è una donna, lotta per trovare un  posto letto al poveretto prima di me, con una peritonite acuta. Mi visita.
E mi dice: per fortuna è solo una appendicopatia, che se era appendicite non sapevamo dove piazzarla. Si tenga controllata che se il male ritorna operiamo anche lei...da qualche parte, insomma.

Da qualche parte. Proprio.

Penso all'abbondante marezzatura fecale e adesso che il mio dolore ha guadagnato in credibilità, forse avrei preferito essere solo piena di cacca.




martedì 16 aprile 2013

Rivoluzione

Non so se arriverà in una giornata di pioggia o in una di quelle col cielo lucido, come domenica, quando si annusava il mondo azzurro profumato d'erba pulita, facendo colazione sulle colline di Montepulciano.

Mi hanno detto sei troppo brava, quindi ti avvisiamo per tempo, l'economia va male, non sappiamo se potremo tenerti, finito lo stage. Guardati intorno.

Intorno vedo gente perbene chiedersi cosa stia accadendo, le lauree servono solo ad abbellire pareti spoglie, gli uffici vomitano disoccupati e poi muoiono.

Dentro il mio stomaco è scoppiata una bomba, mi aggrappo alla scrittura che è sempre stata l'unica certezza. 

Sventola una bandiera nera.

Quante persone dovranno esplodere perché la terra torni ad essere una pagina bianca?

giovedì 11 aprile 2013

Capelli

Quando Marco beve si spettina.

Arriviamo al Bukowski verso le quattro, ci prendiamo gli sgabelli davanti al bancone.
Primo giro.
Ci si racconta le novità della settimana, cosa hai fatto sabato sera, come va al lavoro, che cazzo combinano in parlamento. 
Dietro il bancone sono appiccicate banconote e cartoline di paesi lontani, dietro di me un centinaio di biglietti, tutti concerti.
La prima volta che ho preso una Guinness ho pensato avesse lo stesso sapore del cerume.

Lui è placido, nonostante sia l'ultimo giorno. Al secondo giro gli chiedo, li tagli davvero? e lui mi fa sì con la testa. Inizia il check sound. Si ride di più perché ci si sente di meno, troppi discorsi sarebbero lasciati a metà, le battute arrivano prima.
Quanti anni portano dentro dei rasta così lunghi? 
I miei erano capelli amari.

Al terzo giro gli occhi si lucidano e quasi quasi ti do un bacio. Siamo stipati uno vicino all'altra, tienimi la giacca finché vado in bagno. M'insinuo fra la gente come il serpente che nuota dentro l'erba alta. Per non sbagliare saluto anche chi non ho mai visto.
Faccio pipì appollaiata sul water, tocco le scritte incise su muro arancione ed come leggere i tatuaggi sul corpo di un amico.

Alla quarta Guinness anche il tuo sangue ha lo stesso sapore della birra, è finita un'epoca mi dici.
Siamo così tanti che l'aria sa di respiro usato.
E penso alle madri che hanno cominciato a morire e ai bambini che stanno per arrivare.
E' finita un epoca ti rispondo.

Alla quinta pinta il gel non riesce più a trattenere l'erezione, i capelli di Marco si sono alzati in piedi a e ciascuno rincorre un pensiero.
Andiamo a casa.

Ed è come l'ultimo giorno di liceo.

Dove berremo domani?


giovedì 4 aprile 2013

La banda

A Pasqua mia madre racconta di come sia stato per lei essere bambina. 

Si giocava tra i campi a rubare la frutta matura e a scappare dai forconi dei contadini, che si divertivano a inseguire per gioco mia madre e la sua banda. Per fare prima i fratelli più piccoli e con le gambe più corte attraversavano i letamai pieni di piscio di vacca.

Intanto mia madre aveva cominciato a spacciare peperoni. C'era un fruttivendolo che vendeva la verdura con l'Ape, ma in zona nessuno la comprava perché tutti avevano l'orto. L'orto di mio nonno aveva i migliori peperoni del quartiere. Quanto vuoi per quelli? Aveva chiesto il signore a mia madre. E mia madre gli aveva risposto il prezzo per comprarsi due barattoli di cipolline in agrodolce al supermercato. Da bambina le cipolline in agrodolce erano state la sua passione, insieme alle nocciole.
Affare fatto.
L'orto di mio nonno si svuotava a poco a poco, lo stomaco di mia madre si riempiva sempre di più.

E poi un giorno il gallo aveva attaccato il padre di Mireno- che gli aveva tirato il collo senza pensarci troppo e aveva cucinato il brodo. 
Il padre di Mireno non sapeva che due ore prima mia madre aveva chiesto a Dino e agli altri cosa facciamo? Mi annoio. E Mireno aveva risposto, ubriachiamo il gallo.
Avevano impastato il pane vecchio con la farina gialla e la crema Marsala. Dino teneva spalancato il becco dell'animale, Mireno e mia madre ci infilavano dentro i bocconi zuppi d'alcool.
Quando avevano liberato il gallo quello era diventato un diavolo. Loro avevano smesso di annoiarsi e avevano richiuso il pollaio, che si era trasformato in inferno.

Lo stesso Mireno, qualche tempo dopo, si era costruito l'elmetto da tedesco con l'asfalto fresco. L'aveva tenuto in testa tutta la giornata, e l'asfalto fresco sotto il sole di luglio si era trasformato in un guscio durissimo, impastato ai capelli. All'ospedale si erano tenuti il suo scalpo.

Mia madre dice che la sua infanzia è stata bellissima e basta guardarle gli occhi per capire che è vero.