lunedì 30 dicembre 2013

Una presentazione

Il tempo era bello e io avevo le placche in gola. 
Partiamo lo stesso, dico a Marco, così carichiamo le valigie sulla Punto, che da metà tragitto segnala che gli airbag sono andati fuori uso. Ci terrorizziamo per cinquecento chilometri. 
Era una primavera grassa, la terra gonfia d'acqua aveva fatto spuntare l'erba nuova, di un verde allegro, gli alberi carichi di fiori parevano voler nevicare, invece profumavano. La Toscana era morbida e noi l'attraversavamo ascoltando la radio, io avevo tolto le scarpe per appoggiare i piedi sul cruscotto, comincio ad essere agitata, avevo detto a Marco, non devi, mi aveva risposto.

Montepulciano è una città di tufo piena di salite, o discese se la percorrete dall'alto o siete ottimisti. L'avevamo attraversata veloci per arrivare alla presentazione in orario, col risultato di essere al caffè troppo in anticipo, come sempre.
Lo scrittore era lì, beveva un thè, forse un cappuccino.
Avevo preso Marco per mano e l'avevo trascinato al tavolo più in fondo. Lui aveva ordinato un bicchiere di vino, io una piadina e un tè caldo, 18 euro in tutto, abbiamo scoperto dopo.
Saremo stati almeno una trentina, forse di più, che per una presentazione di un libro è davvero tantissimo. C'erano un  pianista con le spalle curve e un attore con gli occhi tormentati, entrambi vestiti di nero ed egocentricamente accordati.

Lo scrittore invece quando racconta dilaga nella stanza. Ha gli occhi di ferro e le parole gentili. Penso che vorrei scappare, è più serio di quanto credessi e io sono timida come ho sempre saputo.
Marco mi aveva tenuto ferma come i bambini, vai a salutarlo, mi aveva ordinato. 
Con la scusa del bagno ero riuscita a darmela a gambe, mi ero fatta largo tra le persone ed ero uscita fuori. Dentro la via era calata la sera e si erano accesi i ristoranti insieme alle stelle. La voglia di fiorentina mi era passata lasciando lo spazio a un desiderio di xanax.
E poi. Sapete, poi è capitato tutto velocemente. 
Marco mi ha raggiunta, ha provato a convincermi con le buone, poi con le cattive poi con i sensi di colpa, quelli funzionano sempre e comunque.
Sono rientrata e mi sono messa in fila. 
Il cuore rimbombava e mi frantumava le costole, la voce diventava vischiosa intrappolando i pensieri, dentro le guance esplodeva la vergogna e le faceva bruciare.
Quando è venuto il mio turno ho pensato fanculo al mondo, o la va o la spacca.

Non voglio l'autografo, gli ho detto, sono venuta da Vicenza solo per dirti ciao. Sono il pesce volante.

Lui ha allargato gli occhi spalancato le braccia e poi avrei voluto morirgli addosso. 
Sapete, invece mi ha abbracciato, ho farfugliato qualcosa e per fortuna sono rimasta viva, che i giorni felici cancellano tutto il resto.

Buon anno!

lunedì 23 dicembre 2013

Uno spettacolo

In spiaggia sette anni fa ho conosciuto uno che ho sospettato subito. Vorrei fare l'attore, mi aveva detto. Io la scrittrice gli avevo risposto. Quando la sera abbiamo cantato al karaoke davanti a una platea di crucchi ammollati a bordo piscina ho capito che probabilmente ci sarei potuta andare d'accordo.
Riassumo così i nostri sette anni: io ho continuato a scrivere, lui a recitare. Si è diplomato all'Accademia del Verdi e poi è diventato regista. Questo novembre ha debuttato allo Stabile del Veneto, insomma in spiaggia nessuno dei due aveva raccontato cazzate.

Non mi ricordo bene come me l'abbia chiesto. E nemmeno voglio tirarvela tanto lunga. Siamo andati a fare colazione una mattina calda che io avevo i capelli corti e una canotta a righe arancioni.
Facciamo uno spettacolo insieme, mi dice, scrivi qualcosa di bello e poi io lo metto in scena.
Lo sospetto ancora, perché al teatro credo fino a un certo punto, ho sempre preferito il cinema. Lo stesso pomeriggio però sotto la doccia mi viene un'idea geniale: ho la storia, sicché accetto. Gli dico, va bene, basta che tu mi compri il vestito da mettere alla prima (Lorenzo, te lo ricordo).
Lui mi dice, ok.

E insomma, scrivo lo spettacolo che non ho nessuna intenzione di raccontarvi perché assolutamente dovete venire a vederlo.
Segnatevelo, sabato 18 gennaio ai Carichi Sospesi di Padova, un teatrino piccolo piccolo ma davvero all'avanguardia, esce Il ciclo di Ilaria Vajngerl e Lorenzo Maragoni.

Ecco solo a dirvelo mi prende l'agitazione.

A recitarlo sarà una sola attrice, Laura Serena. E' veramente bravissima e non lo dico perché recita quello che ho scritto, cioè, anche. Diplomata al Piccolo di Milano, è impegnata in diversi lavori, recentemente ha recitato in Sior Tita Paron, uno spettacolo dello Stabile del Veneto che rinfresca e vivifica la drammaturgia dialettale, che finalmente non è più un fardello noioso per leghisti nostalgici, ma una vivace messa in scena che coinvolge e diverte senza sapere di stantio.

Quando l'ho conosciuta mi è piaciuta subito. E ragazzi, si è formato un trio che concedetemelo, spacca i culi. Ci capiamo alla perfezione, siamo diventati degli ingranaggi di una macchina che cresce. Per me che scrivo è emozionante vedere un personaggio prendere vita, è come aver fatto nascere una persona.

Ovviamente sono anche terrorizzata, continuo a sognarmi che qualcosa vada storto, magari Laura si dimentica le parole oppure crolla il palco, ma Lorenzo mi ha detto che è normale, benvenuta nel mondo del teatro.

Ecco dunque, mi appresto a concludere.

Parenti, amici, conoscenti e amati lettori. Siete tutti invitati sabato 18 gennaio 2014 alle 21.30 a vedere Il ciclo. Io, Lorenzo Maragoni e Laura Serena vi aspetteremo ai Carichi Sospesi di Padova, per il primo nostro spettacolo, insieme. Prenotate il biglietto.

Noi intanto incrociamo le dita, che dio ce la mandi buona.


mercoledì 18 dicembre 2013

Big Bang

Il cielo oggi è elegante, un azzurro minimal senza sfumature, mette il buonumore e mi fa venire voglia di andare in vacanza.

In dicembre Padova era piena di nebbia. Arrivava la sera, quando uscivamo con le biciclette senza fanali, si pedalava guardando in basso per non entrare con le gomme dentro la rotaia del tram.
Abitavamo tutte sullo stesso piano. Era un collegio di suore, avevo dovuto mentire sulla mia religiosità portando mia madre a convincere la superiora.
La mia fede era durata il tempo del trasloco. Un pomeriggio, forse meno.

Le amiche di oggi sono le mie vecchie vicine di stanza. Io avevo la 214, in estate si arroventava e non riuscivo a studiare, cosi mi distendevo sul pavimento in bagno, sollevavo le gambe e mi facevo una doccia sdraiata.
Ci si trovava la sera a occupare il salotto, che aveva le porte di vetro sottile che vibravano quando arrivava qualcuno. Lara così aveva il tempo di rivestirsi, ci mostrava il seno quando non aveva niente da raccontare e tutte ridevamo perché allora ci importava soltanto di ridere, stando una vicina all'altra.

Due anni dopo c'eravamo trasferite in un appartamento lungo il fiume, sesso a random e vermi in frigorifero.
Certe mattine che mi svegliavo presto, guardavo l'alba dalla finestra in corridoio che accendeva le nuvole facendole diventare guance rosa.

Adesso ci ritroviamo catapultate lontano a percorrere traiettorie che mi ricordano le scie di fumo lasciate dagli aerei quando cerco un dio dentro il sereno.
Dove ci porteranno queste strade nuove che non possono essere percorse all'indietro?

La luna piena fa piovere i bambini, oggi Lucia è diventata madre.

Ci salutiamo da distanze crescenti, nel nostro universo chissà che non ci perdiamo.

lunedì 9 dicembre 2013

Una zia

Ogni 11 dicembre deve trovare una scusa.
E' il suo compleanno e deve partire.
Va dove gli astri sono perfettamente allineati, non m'intendo di stelle né di pianeti, lei sì. Calcola dove sia il punto sulla terra in cui la posizione di Marte e Giove sia la stessa del giorno della sua nascita, sessantanni fa, ormai. Solo così potrà continuare ad avere giorni fortunati.
Non so chi glielo abbia insegnato, se proprio proprio ho bisogno di fortuna io recito un padrenostro, che nel mio ateismo risulta più un'invocazione di comodo, se fossi dio mi tirerei un bello schiaffone o un calcio nel culo.
Lei invece ha deciso di viaggiare. E' stata a Dublino, in Spagna, a Mosca, a Roma.
Quest'anno le stelle le hanno promesso un po' di quiete, ha calcolato che potrà rimanere a casa, ciabatte e divano, forse qualche amica le porterà un regalo da scartare.

Suo nipote invece ha trent'anni, abita in Italia, quindi è disoccupato. Ha studiato architettura a Venezia, dice che non ha abbastanza soldi per aprirsi la partita iva, l'unica maniera per guadagnare qualcosa senza essere sfruttato. A lei piacerebbe vederlo sistemato, con una macchina lucida e una famiglia rumorosa.
Da brava zia ha deciso di fargli il calcolo astrale, per una volta fai quello che ti dico, mandare curricula serve fino a un certo punto, affidiamoci ai pianeti.

Honolulu, Hawaii, Oceano Pacifico.

Mai le è capitato di calcolare un posto così lontano. Per due notti si è chiesta se non fosse il caso di mentirgli, inventare un'altra meta, meno costosa, magari raggiunta dalla Ryanair o un'altra compagnia low cost. Tanto suo nipote mica lo verrebbe a sapere e come tutti i giovani si divertirebbe comunque.
Ma lei a queste cose crede davvero.
Se raccontasse una bugia a suo nipote probabilmente diventerebbe la causa della sua scalogna, questo non se lo perdonerebbe. Mai.

Con i suoi colleghi ha cercato il biglietto più economico, tremila euro, l'ha comprato. A patto che il nipote le restituisca la somma se subito dopo gli affari cominciassero a girare.

Quando lui ha saputo che il 6 gennaio sarebbe partito per Honolulu, ha preso in braccio sua zia e l'ha fatta girare. Forse una buona stella ce l'ho davvero e si è sentito pieno di speranza come quando da bambino gli cadeva un dente e aspettava il soldo del topolino, vicino alla scodella per la colazione.

Penso a com'era la vita quando credevo in qualcuno che non esiste: babbo natale, la madonna, gli ufo. Mi terrorizzava sapere che qualcosa che non potevo controllare potesse controllare me dall'alto e poi apparire all'improvviso.
Ho fatto di tutto per liberarmene: babbo natale l'ha ucciso la maestra, la madonna la cresima, gli ufo la televisione.
Solo che adesso quest'Italia scalcinata rischiarata dalle luminarie ti fa venire voglia di credere in un miracolo, in dicembre sembra tutto più possibile, e io di quei tre ho nostalgia. 

mercoledì 4 dicembre 2013

Grammatica finlandese


Sono a casa con l'influenza intestinale, la prima di una lunga serie, probabilmente, come mi capita quando arriva la brutta stagione. 
Oltre a lamentarmi e a contorcermi sopra il wc, ci sono tre cose cui mi dedico quando sono malata, la tv, la lettura e la scrittura quando possibile. Proprio oggi è uscito su Scrittori Precari un pezzo molto interessante, che ora vorrei segnalarvi. Ve lo ricordate Paolo Zardi? Tempo fa avevo scritto un post che potete rileggere qui, gli avevo lanciato una sfida, mi piacerebbe che scrivessi un racconto felice, ipoteticamente inseribile nella tua ultima raccolta e soprattutto che non parli di malattia, sesso e morte.

[Pausa wc]

Dicevo, Paolo, con molta galanteria, ha accettato la sfida. E ha scritto Grammatica finlandese. Mi piacerebbe lo leggeste anche voi. Penso che il vecchio Zardi abbia prodotto un racconto interessante, dateci un'occhiata. Scoprirete un autore meno morboso e a mio avviso più complesso e sottile del solito.
Ho scelto la parola complesso perché la felicità sottesa al pezzo è un'aspettativa futura, che si preannuncia nell'ultima scena. Si lascia intravedere e non siamo sicuri che ci sia davvero. Almeno, questa è la sensazione che io ho avuto.

Ecco.
Credo che il bello di avere un blog sia anche questo, poter condividere impressioni e creare una catena di contenuti  nuovi, che coinvolgano persone che all'inizio neanche si credeva si sarebbero potute conoscere, attraverso le quali si hanno e si avranno, nuovi stimoli.

Ebbbravi noi.