lunedì 26 agosto 2013

Gli inseparabili

Da bambina giocava con le Barbie e le faceva sposare tutte con lo stesso Ken, ne aveva solo uno che doveva essere abbastanza democratico per amarle tutte, anche quelle coi capelli aggrovigliati in una caramella o senza un braccio. Si chiamavano amore e vivevano felici nel cassetto dei giochi.

Da ragazzino guardava le donne e le voleva tutte, gli parevano fiori da raccogliere, gli piaceva annusare la pelle e assaggiare le lingue, cosi era cresciuto con un mazzo di fiori in mano e nessuno al suo fianco.
Quando si sono incontrati hanno deciso che potevano essere una coppia compatibile, si sono fidanzati senza che il cuore rimbombasse nello stomaco, ci basta stare insieme per stare bene.

Mia sorella dice sempre che col tempo ci si affeziona anche al proprio canarino, figurarsi a una persona che ti accarezza la schiena prima di dormire.

Lui racconta di una donna passata col sorriso addosso. E mi chiedo perché gli piaccia giocare agli inseparabili, visto che ciascuno ha l'amore che sceglie.
Ha costruito una gabbia che lo fa sentire a casa, la abita con nostalgia.

lunedì 19 agosto 2013

Pausa pomeridiana

Fuori cade la neve, in ufficio il riscaldamento crea un microclima tropicale, la mattina ci tocca ingessare le ascelle col deodorante per non far puzzare i maglioni, che a fine giornata devono comunque fare un giro in lavatrice. Ciascuno ha il suo Mac sfacciatamente elegante, si battono i tasti con una certa goduria.

Io gli zingari li ucciderei tutti, anche molti extracomunitari. Ammazzerei gli stupratori, i pedofili e quelli che maltrattano i cani, ma anche gli animali in genere. Perché a me quella gente lì fa schifo.
Sono quasi le quattro e il capo attacca con la solita invettiva pomeridiana, che io mi rifiuto di prendere sul serio.

Ma va là, rispondo, cosa vuoi uccidere gli stranieri. I pedofili bisognerebbe evirarli, ma abbiamo la legge, per fortuna.

Il mio capo beve il caffè continuando a lavorare. Mi dice, cosa vuoi che faccia giustizia lo Stato, la legge non è mica uguale per tutti, in Italia sai quanto tempo passa prima che li sbattano in galera?!? Io, ad esempio, a casa ho tutte le mie pistole, se qualcuno mi fa incazzare, non ho nessun problema a sparargli. 

Mi sento a disagio, all'improvviso. Mi si gelano i piedi, il sangue e la lingua. E comincio a trovare più attraente l'idea di essere una lavoratrice instancabile e accondiscendente. Sempre.
Cado in un mutismo di convenienza. Il mio capo continua, cosa credi, anche quelli dell'ufficio di là hanno le pistole, è una cosa normale, ormai ce le hanno tutti. Vero? e chiama quelli nell'altra stanza che confermano con disinvoltura.

L'unica volta che ho fantasticato sul fatto di avere un bazuka è stato quando a un festival sperduto sono dovuta passare vicino a un gruppo di punkabbestie che avano slegato tutti i loro pitbull, i quali scorazzavano in branco, un tantino eccitati, saranno stati una decina. 

Per fortuna arriva il commerciale.
Antonio sa parlare solo di due argomenti: sesso o malattie. Invecchiando è diminuito il primo e sono aumentate le seconde, lui è diventato un ipocondriaco convinto.
Gli chiedo come stai  per smettere di pensare alle pistole e lui subito attacca:

Sto male, cosa vuoi, sono vecchio. Ho mal di schiena, per fortuna che ho il mio amico che mi fa tutte le lastre che voglio, così gli ho detto, fammi la lastra e se riesci prendimi un appuntamento per fare una tac, magari coi raggi non si vede bene se ho una metastasi. Vuoi farti una tac? Non farti problemi che trovo un posto anche per te. Tra l'altro, ho scaricato una nuova applicazione per l' i-Phone, così tengo monitorata la mia pressione e faccio le statistiche. Vuoi sapere la massima di ieri? Ho la pressione alta, Ilaria, son vecchio, ormai il ciccio non mi tira neanche più. Però se un giorno ti stanchi del tuo fidanzato chiamami e dimmi cià cià cià che corro a prenderti con la carrozza. Ma senti, sbaglio o per il ciclo prendi il Toradol in gocce? Perché il mio medico l'ultima volta non me l'ha mica prescritto, se mi vendi il tuo lo compro, quanto vuoi? 
Lo so, me lo dice anche il mio dottore che dovrei parlare con uno psicologo di questa cose delle malattie, ma Ilaria, te lo assicuro, la differenza tra me e un ipocondriaco è che io sto male davvero.

Fa la faccia da bambino, con gli occhi lucidi.

E allora sta attendo, gli dico, perché gira una malattia che si contrae mettendo il gel sui capelli, prima ti viene il prurito, poi ti riempi di bolle: ti gratti talmente tanto che ti scortichi il cuoio capelluto.
Lui mi guarda e mi chiede, veramente? Faccio un viso serissimo e gli rispondo certo, anche se mi sono inventata tutto e vorrei scoppiare a ridergli in faccia. 
In caso ho del cortisone, mi risponde.

Antonio, adesso esci che stiamo lavorando, gli intima il capo.

Lui va verso la porta, mi fa l'occhiolino e mi urla, ricordati la parola magica: cià cià cià!

Il mio capo mi guarda, Ilaria se ti dà fastidio fammelo sapere che in caso ci penso io. Mi si gela il sangue di nuovo, immagino il povero Antonio trapassato da diecimila di proiettili.
Non fa niente, sorrido.
Intanto Antonio chiude la porta con una mano, con l'altra si gratta la testa come un disperato.

martedì 13 agosto 2013

19

Ci immergiamo nel buio, le orecchie si turano per tutte le voci dei grilli che ieri sera sono esplose in un frastuono scanzonato- un concerto fra amici sbronzi che cantano per il gusto di cantare, senza il peso della giusta intonazione.

Siamo distese vicine, ci siamo coperte con gli asciugamani da spiaggia e speriamo che non arrivi un serial killer perché siamo in cima al mondo e non ci troverebbe davvero nessuno. Maledetta mia sorella che giusto a pranzo mi ha raccontato le trasmissioni macabre che guarda in streaming, così ogni scoiattolo tra i rami mi fa venire in mente Charles Manson, meglio non pensarci.

Il cielo è gonfio di stelle, sono talmente tante che ci cominciano a piovere dentro gli occhi, urliamo ogni volta che ne vediamo una cadere e lasciare una scia brillante. Ecco ho pure la pelle d'oca, senti qua, e quando mi tocca la gamba scoppiamo a ridere e poi nessuna parla più. 
Desiderio.
Chiacchieriamo di vestiti in saldo e di ragioni del mondo, ogni cosa vista da qui ha la giusta dimensione e anche il suo passato triste comincia a farle meno male, lasciando spazio a vita nuova.

A mezzanotte ho contato diciannove stelle cadenti. Non avevo abbastanza desideri così ho proceduto per categorie, visto che il cielo è magnanimo solo una volta l'anno meglio ottimizzare le richieste: prima i desideri importanti, poi quelli materialisti, a seguire i desideri per i miei amici e alla fine quelli per la popolazione italiana.

La nostra notte perfetta galleggia senza tempo sopra il mondo, i dispiaceri affondano, se mi guardi sono serena come questa notte.



mercoledì 7 agosto 2013

Bucolico ma non troppo

Ho macchiato irrimediabilmente il fornello di mio padre, perché per pulirlo ho usato il Cillit Bang per il bagno e non è stata una buona idea.
In camera incastriamo due materassi per costruire un matrimoniale, passano i giorni e ci seppelliamo sotto i vestiti sporchi. Il lenzuolo sempre più attorcigliato cerca di tener ferme le gambe che la notte continuano a muoversi per il troppo caldo. La mattina ci troviamo prigionieri, mi divincolo e ti salgo sulla schiena, per farti da trapunta e darti il mio buongiorno spavaldo. Ho perso gli occhiali da vista, spero di non calpestarli e di trovarli prima o poi, per una settimana posso rimanere ignorante.
Intanto agosto ci ammolla la vita, preferiamo i ghiaccioli al limone, l'amaca e i piedi scalzi. Mi obblighi a lavarli più del necessario, hai trascorso poche giornate selvatiche e mi dispiace che tu sia allergico alla campagna e le braccia ti si ricoprano di bolle, prendi l'antistaminico, ti chiedo.
Tu non lo prendi neanche morto, se ci sposeremo non abiterò mai in questa casa, mi rispondi. Io ti vorrei sposare un po' meno, ti pizzico l'interno coscia sperando di farti male e ben ti sta.
La domenica si sale in montagna, festeggiamo il diploma di mia sorella al fresco, che poi tanto fresco non era visto che quando siamo tornati a valle avevamo la maglietta tatuata addosso, come i muratori. In baita non c'è il bagno, ma un ovile con cento capre. Scopro che le capre hanno le pupille rettangolari. Giochiamo a rugby in un campo pieno di ortiche, non riesco a far girare bene il pallone e mi pungo dappertutto. 
La sera guardiamo su You Tube i dementi che piangono la condanna di un'ex presidente e per addormentarmi penso alla giustizia, troppo precaria in questi giorni, anche lei avrebbe bisogno di un contratto a tempo indeterminato. Mi viene in mente mia madre quando io e Serena eravamo bambine e si doveva spartire un dolce che entrambe volevamo mangiare.
Mia madre ci dava un coltello, una divide, l'altra sceglie. La odiavo. In questo modo chi faceva le parti doveva essere equa il più possibile in modo da trarre il massimo beneficio. La giustizia ci era necessaria, dovrebbe essere così per tutti, credo.
Ogni sera innaffio il giardino, l'aneto è pieno di coccinelle e quasi quasi mi piacciono gli insetti. Ci beviamo una birra in compagnia, hai sentito della nuvola di locuste? Non ne sapevo niente, accendo la televisione, lo dicono anche al tg regionale. Sono arrivate a Vicenza.
Riconsidero la tua proposta di vita in mezzo all'asfalto che improvvisamente mi pare romanticamente sicura, vado a prendere le ciabatte, chiudo le porte, abbasso le zanzariere e per un po' torno a fare la civile.