domenica 15 giugno 2014

La barba

Una donnina minuta entra in negozio tenendo un bambino per mano. E' il suo unico figlio, ha imparato a leggere prima di andare alle elementari. Si chiama Giovanni, gli piace comandare. Ordina a sua madre di sedersi su un fungo di plastica, poi si fionda nel reparto illustrati e sceglie i volumi più spessi, fatica a portarli ma vuole farlo da solo, sua madre lo aspetta mansueta.
L'ho vista qualche volta pedalare svelta su una graziella bianca, traballa per rimanere in sella quando deve poggiare il piede a terra prima che scatti il verde.
Quando la incrocio cerco di guardarla negli occhi, probabilmente pensa io sia una ragazza coraggiosa, invece è solo che lei ha la barba.
Dei peli robusti crescono sulle guance e sotto il mento, mi chiedo perché non se li levi, immagino sia una donna senza un marito.
Invece suo marito è un uomo magro, l'aspetta fuori dalla libreria tenendo un bassotto al guinzaglio.
Porto i colori e fogli bianchi. Li appoggio sul tavolino, Giovanni mi ordina subito di passargli il rosso.
Sua madre si scusa, è un bambino vivace - devi dire per favore - gli ricorda.
Lui non ci bada, prende il foglio e lo mette sul pavimento, gli pare che sulle mattonelle i visi gli vengano meno spigolosi.
Il bassotto abbaia contro chiunque entri in libreria, punta il naso verso il cielo, vorrebbe diventare più alto, magari più temibile; la donnina minuta decide che è ora di fare presto.
Riordina gli sgabelli, raccoglie i tappi e tutti i pennarelli, prende il figlio per mano. Se ne vanno con una sporta piena di libri che profumano di inchiostro.
Il disegno di Giovanni è un ritratto di famiglia, l'ha abbandonato vicino al battiscopa.
Lui sta al centro, suo padre e sua madre gli danno la mano. Dal viso di entrambi spuntano piccole linee sghembe, simili ai raggi del sole che ha disegnato sull'angolo in alto a sinistra.
Sorridono.
Raccolgo il foglio e lo appendo vicino al computer, lo guardo spesso perché mi mette allegria.
Sul mento del suo autoritratto Giovanni ha disegnato un trattino diritto, spavaldo, simile a quello dei suoi genitori.
La barba cresce a tutti quando si diventa adulti, uomo o donna non fa alcuna differenza, lui non vede l'ora.

lunedì 2 giugno 2014

L'eccezione

Il colore delle pareti è simile al colore dei fogli, che è simile al colore delle scrivanie, che è simile al colore dei visi alle otto e trenta: bianco pozzanghera, gli ottimisti lo cancellano col fondotinta o con i week end al mare, ricompare ostinato ogni lunedì mattina.
Percorro un parco pieno di pini e mi piacerebbe essere un merlo, o la pigna sul ramo più alto per guardare la gente dall'alto e godermi il sole, o uno di quei temporali che in questi giorni sconvolgono il cielo.
E invece no.
Arrivo con gli occhiali da sole e il cuore in gabbia.

Perché vuoi continuare a scrivere? Mi ha chiesto mia madre. Nella vita dovresti imparare ad accontentarti.

Salgo in ufficio dando le spalle alla finestra. Il computer ha la stessa faccia di sempre, se fosse un marito mi sarei trovata un amante. Verso le undici ho bisogno di un caffè per continuare a sopportarlo, scendo le scale e attraverso il giardino.

C'è una donna che sta aspettando la sua cioccolata, ha la schiena curva e la testa incassata dentro il tronco. Le mani le tremano leggermente, tiene le dita distese. Mi ricorda quei fantasmi che infestavano i castelli quando leggevo le fiabe, se ne va camminando leggera, quasi sospesa.

Qualcuno urla il mio nome all'improvviso.

Seduti vicino alla siepe due uomini mi fanno cenno di raggiungerli.
Oscar mi aveva detto che lui i nomi delle persone li dimentica subito, invece gli piace solo essere bugiardo.

Anche se sei laureata abbiamo deciso di darti del tu, mi informa, e gli dico che non c'è problema, mi ritorna il buonumore.

Il suo compare ha la parte destra del corpo paralizzata, mi sorride con la sinistra.
Mi chiede di scendere a fumare un po' più spesso, io gli spiego che non fumo.
Neanche io, mi risponde. Ma è bello fare finta e prendere una boccata d'aria fresca.

La sua faccia sbilenca è simile ai disegni dei bambini senza contorni, alle biciclette che cigolano, agli errori di ortografia. Mi ricorda quando credevo che tutte le parole belle avessero una doppia: mamma, giallo, latte, gatto.

Non avrò mai una moglie, mi dice, ma sai a nascere eccezione la vita non è così male.

Farfuglia e incespica un poco. Me ne vado salutandolo con la mano, pensando che eccezione andrebbe scritta con due zeta, come tutte le cose belle che mi fanno sentire viva.