lunedì 30 marzo 2015

Le cose

Iniziato il Tfa mi sono chiesta se raccontare ogni porcheria che ci capitava qui sul Pesce, ho deciso di non inquinare ulteriormente i pensieri, ogni giorno sempre un po' più grigi.
Vomiterò tutto alla fine, a luglio, non vedo l'ora di liberarmi lo stomaco.

Da gennaio la mia vita è programmata al millesimo di secondo. 
Lo odio. 
Casa, ufficio, autostrada, aula, autostrada, studio, letto.
Mi ritaglio spazi angusti per continuare a coltivare le cose in cui ho sempre creduto: Marco, gli amici, i libri, la scrittura. Di shopping terapeutico ne faccio sempre meno, qualche ombretto ogni tanto, i soldi mi servono per pagare l'affitto e la benzina, dicono che crescere sia soprattutto questo.

Ho voglia di vita semplice, di dormite fino a mezzogiorno, di sandali, di sudore, di appuntamenti presi senza guardare l'agenda.

Porta pazienza, mi dicono, passerà. E passerà, lo so anch'io che passerà. E' solo che il tempo sprecato non ritorna più e io non mi riesco ad abituare, perdere le cose e far finta di niente. 

giovedì 5 marzo 2015

Le rondini

Per andare alle poste salgo in cima al monte, ci sarà poca gente, mi dico. 
Il paese è inzaccherato di pioggia, sono senza ombrello i capelli fanno presto ad appiccicarsi sulla fronte.
Apro la porta sento subito odore di aria ferma, quella che ritrovo dentro i cassetti delle case di contrada, coi centrini fatti a mano sotto gondole di plastica viola.
Cinque vecchi sono seduti sulla panca, aspettano il loro turno, si conoscono tutti. Il ganzo del paese mi continua a fare l'occhiolino, mi ripete che devo avere pazienza, mi chiama bionda e gli tirerei volentieri un pugno. 
E' aperto solo uno sportello, l'impiegata è lenta e sola. Mi sistemo in un angolo, vicino alla colonna con i bollettini.
I vecchi si raccontano che il dottore è stato operato alla caviglia, è caduto finché camminava nel bosco, c'è una sostituta. Femmina e giovane. 
Sospirano.
Il ganzo quando esce mi saluta con la mano e mi dice di stare calma, io sono calmissima soprattutto ora che se ne sta andando.
Comincia a farmi male il ginocchio, dovrei stare seduta, me l'ha detto l'ortopedico, ma gli anziani uno vicino all'altro mi fanno tenerezza, mi ricordano le rondini che in autunno si scaldano sopra i cavi dell'alta tensione.
Passa un'ora, scarico lo smartphone.
Una signora si alza con fatica. Allo sportello consegna un libretto, voglio ritirare mille euro, dice.
A cosa le serviranno mille euro, fanno eco gli altri.
L'impiegata le consegna un modulo da riempire, l'anziana ci mette una vita, mi accorgo che la mano le continua a tremare e non smette, anche i vestiti sono pieni di scosse.
Solo quando ha finito l'impiegata cerca nel computer il numero del libretto, signora, le dice, qui la pensione l'ha versata fino a maggio, mi sa che ha portato il libretto sbagliato, in questo ha solo cinquecento euro. Deve tornare domani.
I vecchi si danno una gomitata senza guardarsi, con disinvoltura.
La signora si chiude la giacca e si mette un fazzoletto in testa. 
Traballa.
Poi si volta.
Cosa dite di andare tutti a farci visitare, dice prima di uscire, così vediamo se la dottoressa nuova è brava.
Si danno appuntamento davanti all'ambulatorio, venerdì alle quattro. 

Sono vecchi e bellissimi, tutti quanti.