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venerdì 15 giugno 2012

Estate

Il post di oggi doveva essere un po' malinconico, breve e incisivo.

Solo che poi è arrivato uno stormo di cavallette.

Impiego il termine stormo con coscienza, sciame ricondurrebbe alle api, insetti piccoli per lo più. Le locuste appese alle mie finestre sono grosse come passeri. Quando si muovono fanno un rumore secco, simile alle trappole per topi quando si chiudono. Zap! e te ne ritrovi un paio sulla ringhiera delle scale, zap, un'altra sul lampadario in cucina, zap, quest'altra prende il sole sul tettuccio dell'auto.
Intanto la mietitrebbia corre avanti e indietro, taglia il grano e semina terrore, tutti gli insetti, spaventati, si rifugiano nel MIO giardino.

Come sanno i miei amici più cari, io le cavallette le odio, le trovo repellenti.

Estate 2010. Siamo in Maremma. Marco dorme. Ho la brillante idea di mettermi in costume, ne indosso uno intero perché il mare è distante, decido di fare la pudica.
Alle due il sole è troppo forte, mi pianta i raggi addosso come fossero chiodi.
Entro.
E già che ci sono tendo agguato alla mia dolce metà- faccio silenzio, mi avvicino- sta russando- cammino sulle punte e mi protendo per dargli un bacio sulla schiena. 
Mi piego.
La vedo.
Tiro un urlo così forte da svegliare tutti i cinghiali della zona. Marco non capisce, vede me scappare fuori dalla stanza, così si mette a gridare, più per emulazione che per paura.
Esce e chiude la porta.

-Hai chiuso la porta?!?
- Ma cosa c'è?
- Una cavalletta gigante sull'armadio.
- Mi farai morire prima o poi. Lo sai?
- Sì, ma tu hai chiuso la porta e le chiavi sono dentro, sopra il tavolo. E' aperta solo la finestra del bagno.

La finestra del bagno si trova al primo piano. Rialzato. Dobbiamo chiedere una scala a qualcuno.
Non abbiamo vicini.
Ci guardiamo.
Marco è in mutande. Io sono scalza col costume intero. L'unico costume intero che io abbia è quello di Miss Italia.
Non avevi altro da mettere?
Borbotta una bestemmia, visto che siamo in maremma la adatta agli usi linguistici del luogo.

Forse non è il caso di scendere in paese, mi fulmina.
Anche perché le chiavi della macchina sono in salotto, gli ricordo.

Decidiamo di arrampicarci. 
O meglio, decido che Marco si deve arrampicare.

Sotto la finestra del bagno l'erba è ispida come la barba di un vecchio. Costruiamo una struttura con le sedie e il tavolo da giardino.
Lui ha smesso di parlarmi, mugugna solo, tu tienila stretta, io adesso salgo.
Si issa come fanno i bambini quando montano sulla credenza per prendere i biscotti.
Le zanzare mi pungono le cosce. Comincio a lamentarmi. La torre traballa, Marco pure.
Lui si fida, infondo è adulta, pensa, riuscirà a controllarsi.

Se il mio dolce è ancora vivo è perché le cavallette, un po' perplesse, hanno preferito guardarci da lontano, due pazzi simili, a Scansano non si erano mai visti.
Meglio stare alla larga.

Amore mio, a volte la vita è solo questione di fortuna.

venerdì 14 ottobre 2011

Scansano

La casa in Maremma profuma di erba bionda e di mattine addormentate. La ritrovo com'era allora, quando andavo a caccia di rospi e mia sorella non sapeva ancora stare a galla. I campi chiacchierano anche la notte, quando i grilli iniziano a cantare e i cinghiali scavano buche col muso sotto la nostra finestra.

Prima di andare a nuotare a Talamone passiamo a comprare la schiacciata coi pomodori e quando la mangio mi sporco le labbra e quasi quasi ti do un bacio per sporcarti la fronte. 

Al mare il vento solleva gli aquiloni, il cielo trascina i kitesurfer senza fare fatica, sulle onde si scivola via segnando percorsi orizzontali.
Dentro le chiocciole ci sono i paguri,  le cipruschide-ciproschidi le avevamo chiamate, le raccoglievamo in un secchiello e lì stavano fino a sera.

A casa chi fa la doccia per primo deve stare attento a non finire il boiler. Io sono seconda anche se tu sei un distratto, perché mi piace stare seduta sotto la vite a leggere un libro e a immaginare come sarà questo posto quando ritorneremo fra vent'anni. 

Giochiamo a carte fino a quando non si spegne il giorno, e allora ci stringiamo sotto le lenzuola come quando da bambini ci si racconta le storie dell'orrore per avere paura insieme, che, lo sappiamo, qui siamo al sicuro.