Passeggio in un paesino dove sono arrivate le giostre.
Davanti a me camminano tre bambini con la pelle color cappuccino, tipi allegri con la cartella molto più grande di loro.
Davanti al tagadà si fermano: ci sono cinque ragazzoni coi capelli alla moda.
Signori giostrai, urla un bambino, sul tagadà ci possono salire quelli di sei anni?
No, gli risponde il giostraio, non facciamo mai salire i bambini immigrati.
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giovedì 17 settembre 2015
mercoledì 12 marzo 2014
12 marzo 2014
Mi tuffo in mattine larghe, che lasciano spazio a un sole brillante e pensieri felici.
La mia vita ha preso la rincorsa, devo allenare il respiro e gonfiare i muscoli per riuscire a starci dietro.
La sera camminiamo stanchi per le vie del centro tenendoci la mano, ho poco tempo per scrivere, cerco di ricordare tutto quello che vivo in questi giorni per raccontarlo nei pomeriggi di pioggia, pieni di noia e lentezza velenosa.
Usciamo da un bar imbevuto di gente e spritz campari, incrociamo Oreste -un negro zoppo e sordomuto- che saluta Marco con la mano e un sorriso silenzioso che mi fa sentire fortunata.
Nello stagno di mio padre è atterrato un germano reale per riposarsi e fare un po' di nuoto. Chiudiamo i cani in salotto e usciamo tutti in giardino ancora in pigiama, ci accucciamo vicino al cancello a guardare l'anatra che passa il becco sotto le piume e ci sembra un miracolo.
Nel pomeriggio la piazza si riempie di bambini con indosso i primi paia di occhiali da sole che li fanno sembrare tante mosche colorate che giocano a rincorrersi inciampando qualche volta.
Vicino al duomo ci sono due peruviani che provano a suonare il flauto di pan stando dietro a una canzone andina vomitata da uno stereo anni Novanta a massimo volume. Non azzeccano neanche una nota, ma continuano con ostinazione, un euro per il coraggio glielo darei volentieri.
Gli alberi si colorano, i cani segnano i lampioni e grattano l'erba, pesto una cacca guardando il cielo.
E' primavera, ancora una volta e non mi stanco mai.
lunedì 22 luglio 2013
La buca
Cade a terra un barattolo di perline ed esplodono nella stanza vivaci, devo essere sicura che nessuna si perda, conoscere traiettorie disordinate per frenare collisioni improvvise, inevitabili il più delle volte.
I bambini schizzano ovunque sotto il sole veneto che d'estate sembra pioverti addosso e ti incolla i vestiti facendoli puzzare troppo presto.
Sono quasi un centinaio.
Giocano a calpestare le api, muoiono tutte, qualcuna da eroe, su un piedino sventurato che la mattina ha scelto un sandalo invece di una scarpa con gli strappi. Un urlo squarcia il bel tempo, che improvvisamente si fa pieno di lacrime e di mamme lontane, il dramma più incomprensibile per uno che nella vita è semplicemente un figlio e un genitore è ancora la cosa più bella.
La testa mi fa prurito, pensavo fosse il sudore e invece potrebbero essere pidocchi, chi te lo fa fare, mi chiedi.
Tolgo il pungiglione con la pinzetta e sopra ci verso il disinfettante.
Adesso smette di bruciare, guardo il bambino tremare, con gli occhi gonfi di spavento, ti disegno la stella del coraggio e guarisci subito. La disegno con una bic nera, comprata in edicola per cinquanta centesimi. Nell'inchiostro c'è la polverina magica e sapete, funziona davvero. Comincio a raccontare di averla rubata alle fate, che la notte dormono sotto lo scivolo, ce ne hanno tanta sulle ali per poter volare, come le farfalle.
Tutti i bambini che ascoltano mi allungano il braccio per avere una stellina, poi la confrontano per stabilire quale sia la più potente. In ogni caso decidono di procurarsene dell'altra. Uccidono tutte le cavolaie che passano in giardino, per sicurezza anche qualche ragno.
Torno a casa coi vestiti incrostati di tempera e fango.
Lo sai, c'è una buca vicino alla recinzione, la scavano ogni giorno quattro bambini, sempre gli stessi, come se dovessero timbrare il cartellino.
Cosa state facendo? Mi inginocchio per guardare meglio, loro mi buttano una paletta e mi dicono aiutaci.
Sono quasi un centinaio.
Giocano a calpestare le api, muoiono tutte, qualcuna da eroe, su un piedino sventurato che la mattina ha scelto un sandalo invece di una scarpa con gli strappi. Un urlo squarcia il bel tempo, che improvvisamente si fa pieno di lacrime e di mamme lontane, il dramma più incomprensibile per uno che nella vita è semplicemente un figlio e un genitore è ancora la cosa più bella.
La testa mi fa prurito, pensavo fosse il sudore e invece potrebbero essere pidocchi, chi te lo fa fare, mi chiedi.
Tolgo il pungiglione con la pinzetta e sopra ci verso il disinfettante.
Adesso smette di bruciare, guardo il bambino tremare, con gli occhi gonfi di spavento, ti disegno la stella del coraggio e guarisci subito. La disegno con una bic nera, comprata in edicola per cinquanta centesimi. Nell'inchiostro c'è la polverina magica e sapete, funziona davvero. Comincio a raccontare di averla rubata alle fate, che la notte dormono sotto lo scivolo, ce ne hanno tanta sulle ali per poter volare, come le farfalle.
Tutti i bambini che ascoltano mi allungano il braccio per avere una stellina, poi la confrontano per stabilire quale sia la più potente. In ogni caso decidono di procurarsene dell'altra. Uccidono tutte le cavolaie che passano in giardino, per sicurezza anche qualche ragno.
Torno a casa coi vestiti incrostati di tempera e fango.
Lo sai, c'è una buca vicino alla recinzione, la scavano ogni giorno quattro bambini, sempre gli stessi, come se dovessero timbrare il cartellino.
Cosa state facendo? Mi inginocchio per guardare meglio, loro mi buttano una paletta e mi dicono aiutaci.
Scaviamo perché prima o poi troveremo l'acqua, poi i sassi, poi i dinosauri e dall'altra parte usciamo in Inghilterra, mi spiegano.
Ecco, mi hai chiesto chi me lo faccia fare. Quando mi immagino di poter arrivare a Londra scavando un buco, il mondo mi sembra ancora nuovo e ogni possibilità diventa percorribile.
Ecco, mi hai chiesto chi me lo faccia fare. Quando mi immagino di poter arrivare a Londra scavando un buco, il mondo mi sembra ancora nuovo e ogni possibilità diventa percorribile.
domenica 10 febbraio 2013
Il cambio
La calzamaglia e la canottiera di lana le sopportavamo solo a carnevale, perché sopra indossavamo il costume- io da olandesina, Serena e Giulia da principesse, Michele da Robin Hood- e la giacca non la mettevamo neanche morti.
Le scorte di stelle filanti le tenevano le mamme o le zie dentro la borsa.
Durante la sfilata dei carri mai voltarsi se qualcuno ti batte la spalla, quando ti giri ti tiro un pugno di coriandoli dritto in bocca, se li respiri soffochi.
I miei cugini, molto più tecnologici, avevano le bombolette che spruzzavano fili di gomma. Ce li spremevano sui capelli, che si riempivano di ragnatele di plastica e puzzavano di spray.
Il cielo lunatico oggi non lo badava nessuno, che resti immusonito a guardarci.
Siamo tornati dopo vent'anni a fare un giro, e mi sembra che sia passato poco tempo, davvero, sono solo diventata più alta e all'entrata ci chiedono tre euro invece che tremila lire.
I bambini si sono trasformati in fiori, qualche supereroe dà la mano a una sorella dalmata. I genitori stanno riparati dentro le sciarpe. Qualche padre spiritoso si è vestito da puttana e per fortuna dio mi ha fatto la grazia di avere un padre spiritoso, ma agorafobico e il senso dell'umorismo mi ha umiliato solo in casa.
Penso a questo febbraio e a tutte le pance che sono cominciate a crescere.
Si tornava a casa quando il sole scompariva dietro gli alberi, le dita diventavano viola e smettevamo di sentire i piedi.
L'anno prossimo vi vestirete da nonni, noi per la prima volta potremo darvi il cambio- a tenere le stelle filanti dentro la borsa e a mostrare il mondo in festa a bambini nuovi.
Il cielo ci tira i coriandoli perché infondo si è divertito.
Nevica.
A Giulia F. e a Laura L.
giovedì 19 luglio 2012
Tempo
- Maestra, vuoi sapere come si chiama mio papà?
- Come si chiama?
- Luca. E vuoi sapere quanti anni ha?
-Quanti anni ha???
-Diciotto.
-Andrea, tuo papà lo conosco, mi sa che ha di più di diciotto anni...
-Hai ragione maestra, ne ha dodici.
venerdì 27 aprile 2012
L'appello
Quando vi chiamo dovete entrare nel cerchio.
Traccio col piede una luna piena un po' sbilenca.
Maestra, quello lì è un quadrato.
Non importa, fate finta che sia un cerchio, entrateci lo stesso, fate una giravolta e tornate a sedervi.
Traccio col piede una luna piena un po' sbilenca.
Maestra, quello lì è un quadrato.
Non importa, fate finta che sia un cerchio, entrateci lo stesso, fate una giravolta e tornate a sedervi.
Maria Vittoria, non metterti le dita nel naso, sveglia che sei la prima!
La bambina abbassa la testa, segno una P anche se rimane impietrita a fissarsi le punte delle scarpe.
Andrea C. ?
Dalla panchina dei bulli un bambino proiettile prende la rincorsa e in scivolata entra nel cerchio, cancellandolo. Si rialza ridacchiando, fa un giro su sé stesso e torna al suo posto. I compagni intanto gli hanno sputato nel bicchiere.
Quando chiamo Gaia arriva anche Elena, quando chiamo Elena arriva anche Gaia. Si tengono strette, quando una ha le mani impegnate l'altra le stringe il bordo della maglietta. Sono cugine.
Ludovica. Presente.
Geremia, presente e innamorato, mi guarda arrossendo, non riesce a parlarmi, ubbidisce e mi sta vicino. Se qualcuno prova a prendere il suo posto piange, è troppo timido per alzare le mani.
Il chiasso presto ingoia la mia voce.
Silenzio!
Nessuno mi sente.
Corro da Giulia, che si stringe il cavallo dei pantaloni e fa dondolare le gambe, Giulia corri a fare pipì! Dai corri! La bimba mi sorride e fa di no con la testa. Rimane seduta.
Fate silenziooooooo!
Non serve. Così metto due dita sotto la lingua, fischio il più forte possibile.
Funziona.
I bulli mi guardano rapiti, buttano per terra i sassi e si infilano le dita in bocca soffiando fuori l'aria.
Maestra ci insegni come si fa?
Annalisa continua l'appello urlando dentro il megafono.
Va bene, dove posso sedermi?
Neanche a dirlo Matteo ha spinto per terra Antonio, e supplica, maestra, vieni qua! Mi siedo, prendendomi Matteo sulle ginocchia che fa un sorriso smagliante a tutti gli altri.
Maestra ci insegni come si fa?
Annalisa continua l'appello urlando dentro il megafono.
Va bene, dove posso sedermi?
Neanche a dirlo Matteo ha spinto per terra Antonio, e supplica, maestra, vieni qua! Mi siedo, prendendomi Matteo sulle ginocchia che fa un sorriso smagliante a tutti gli altri.
Lo sai che anche mio papà sa fischiare come te?
Ah sì?
Sì.
Maestra, ma hai anche tu un papà?
Maestra, ma hai anche tu un papà?
Si che ce l'ho!
Io ho anche un cane. Non so a chi voglio più bene.
Arriva Giulia, ha ascoltato tutta la conversazione.
Invece, mio papà sa volare.
E lo dice talmente decisa che nessuno dei maschi osa replicare.
Veramente? e faccio gli occhi grandi inarcando le sopracciglia, che per un bambino significa sorpresa o magia.
Lei annuisce col capo.
E cosa ne dici se ci andiamo a cambiare?
No, maestra, ho solo sudato.
Arriva Giulia, ha ascoltato tutta la conversazione.
Invece, mio papà sa volare.
E lo dice talmente decisa che nessuno dei maschi osa replicare.
Veramente? e faccio gli occhi grandi inarcando le sopracciglia, che per un bambino significa sorpresa o magia.
Lei annuisce col capo.
E cosa ne dici se ci andiamo a cambiare?
No, maestra, ho solo sudato.
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