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martedì 28 febbraio 2012

Dalle stelle agli stage.

Ieri era la giornata dell'aneddoto. Oggi è la giornata delle emozioni forti.

Un po' perché sono gasata come pochi, sono riuscita a trovare da un antiquario in Svizzera una copia del 1991 autografata dalla Kristof. Pì potenteeeeeeeee, come direbbe Marco.

Un po' perché sono incazzata nera per come sta andando il post laurea di molti umanisti a me cari.

Ricapitoliamo allora la mia esperienza dall'Editore.
Come sapete ho rifiutato uno stage non pagato. Così mi hanno ricontattata e mi hanno offerto la bellezza di SESSANTA euro per correggere gli accenti di un glossario da pubblicare alla fine di un'opera omnia. Siccome l'editore ha un nome importante, fanculo al denaro, infondo sono ricca, prendo ancora la paghetta dai miei, l'ho fatto comunque.
I soldi non me li hanno ancora versati. E adesso, lo stesso Editore, ha pubblicato un annuncio sulla bacheca universitaria in cui cercano stagisti che lavorino gratuitamente e senza promesse d'assunzione. Li troveranno. Perché qualcuno piuttosto di rimanere a casa, disperato, preferirà illudersi facendo lo schiavo. Comprensibile.
Ci ho pensato anche io.

La mia dolce metà sta facendo il secondo stage, questa volta come copywriter in un'agenzia pubblicitaria. Gli danno 500 euro. Considerando che deve fare trenta chilometri al giorno in macchina, pagandosi la benzina, il mangiare e il traforo, cinquecento sono appena sufficienti come rimborso spese.
Bene, per imparare, si deve andare avanti come muli, sfondando le porte  zitti e a testa china. Lui è bravo e diplomatico, accetta senza lamentarsi.

Gli danno i primi lavori e nessuno gli spiega esattamente come deve scriverli.
Non gli dicono niente. 
Lo mettono in uno stanzone con la radio accesa, per otto ore. Gli parlano a fine giornata se proprio è necessario. L'unica cosa divertente è un cucciolo di chiuaua (si scrive così?) di nome Shakira.
Passa il primo mese, nessuno gli ha insegnato nulla.
 La direttrice l'ha chiamato in direzione, siediti, gli ha detto dobbiamo parlare. 
Dalla settimana prossima è meglio se non vieni, perché prima di fare uno stage hai bisogno di trovare qualcuno che ti insegni il lavoro con metodo. 

Me l'ha raccontato con una voce fragile. Ilaria, un po' hanno ragione, io non ho ancora imparato tutto.

Amici miei. Ecco. 
Volevo ricordarvi una cosa. Manteniamo almeno la coscienza che ci stanno tutti prendendo per il culo. Per favore, lo dobbiamo a noi stessi.
Se accettiamo di esser assunti come stagisti con paghe miserabili è perché vogliamo imparare. Se ci assumono come stagisti è perché dovrebbero spiegarci come eseguire un lavoro.
 E invece no, pretendono dottori con la lode che sappiano il mestiere e elemosinino lo stipendio.

Ora Momo, lo so che tu non ti sbilancerai perché sei buono e politicamente corretto.
Io no.
E per fortuna le coppie son formate da elementi complementari. Lo faccio io per te:

Morite tutti. 
Così non andremo da nessuna parte.
Né noi, né voi. 


martedì 15 novembre 2011

Un colloquio.

Mi chiamo Ilaria il cognome è difficile, sì, me lo chiedono tutti, si pronuncia con la g gutturale. Da dove vengo. Bé se hai la faccia intelligente ti racconto tutta la storia, della Slovenia, si, ok sono un po' slava, anche se non è proprio corretto, austroungarica sarebbe più giusto. Se hai la faccia da leghista ti dico che sono tedesca, tu pensi che i tedeschi siano più ricchi degli italiani e ti metto il cuore in pace. Ho pure gli occhi azzurri cosa vuoi di più.
Cos'ho studiato? Lettere, linguistica per essere precisi. La battuta su come sarò brava allora a usare la lingua è vecchia come il cucco, sappilo. Non mi sei più simpatico.
Ho studiato linguistica perché mi sarebbe piaciuto rimanere a fare il dottorato. 
Perché non sono rimasta all'università? Perché se un laureato in lettere è inutile un dottorato in linguistica lo è il doppio. E adesso evita. Non guardarmi con quella faccia ipocrita. Cosa? Non dovrei pensarla così? La mia coinquilina a trentatré anni viveva ancora in appartamento con tre studentesse di venti e si faceva dare la paghetta dai suoi genitori. Pensionati. Io vorrei avere un figlio da giovane. Se voglio una famiglia? Certo. Mi piacciono i nomi strani e le domande dei bambini. Guarda. Se una donna vuole dei figli non vuol dire che accantonerà il lavoro. Anzi. Io voglio lavorare per non essere una di quelle madri col pancione e i capelli grigi, mi fanno tristezza. 
Devo descrivermi con tre aggettivi? Bé. Direi intelligente, ma so che penseresti che ammettendolo io sia solo una presuntuosa, quindi facciamo sveglia, sì, sono sveglia, anche se le battute del Berlu non mi fanno ridere. 
Poi.
Sono volonterosa, che quando cerchi un lavoro va sempre bene. VOGLIO TANTISSIMO il lavoro che mi stai offrendo, ho sempre studiato aspirando a uno stage in cui mi paghi due euro e quarantaquattro centesimi all'ora. Adoro.
Ah, e in ultima direi che sono sempre aperta al nuovo. Che non vuol dire un cazzo, lo so, ma mi rende disponibile e tu mi fai un sorriso.
Da quando ho cominciato col corso di dizione ho scoperto che a recitare me la cavo. O per lo meno. So raccontarti la storia dell'orso con una voce che viene dal diaframma molto professionale.
Qual'è il mio lavoro ideale?
Io voglio scrivere. L'ho sempre saputo.  Sì, sì, certo se lo vuoi chiamare hobby e mi fai quella faccia scettica mi sta bene. Ma poi se pubblico e il libro te lo infilo nel culo non lamentarti. 
Te l'avevo detto che ci sarei riuscita.
Che voto darei alla tua offerta da 1 a 10?
Un otto SENZA OMBRA DI DUBBIO. Il mio tempo è gratis, te lo regalo! Noi siamo giovani, abbiamo tutta la vita davanti. Ma figurati, se facciamo un po' gli schiavi cosa vuoi che sia?!? Lo facciamo volentieri. Si corrobora lo spirito! E se la mia privata diventerà esile come le donne sulle passerelle, pazienza, vivrò per il mio lavoro.

Mi farete sapere.
Bene, grazie. Sì, sì. Intanto non prendo impegni. Aspetto la vostra telefonata.
Stanne certo.



sabato 13 agosto 2011

Soldati.

Il tempo precario ha eliminato i futuri, si procede col condizionale, viviamo in un periodo ipotetico di cui non ci è concesso essere premesse, ma solo conseguenze di generazioni egoiste. 
Stiamo stipati su una barca senza ancore, preda delle correnti e delle maree, i giovani imbiancano sperando di trovare un inizio.
C'è chi si getta in mare, qualcuno nuota fino a riva, qualche altro annega. Quelli che rimangono a bordo hanno fatto occhi di granito, le lacrime sono diventate cristalli di sale, si vede, non si guarda, non si può più guardare.

Ci dicono di continuare a navigare, arriveremo a mondi migliori. 
Quando preparo il caffè mi viene in mente Ungaretti, si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.

Il mio tempo mi ha messo la divisa, combattimi, mi dice.