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domenica 11 dicembre 2011

Esperienze editoriali. Parte 1.

Entro in una casa editrice, famosa.

Mi hanno contattato loro, gli sono piaciuta, cercano una stagista. Una che stia in redazione. E' fatta penso io. Mi gaso più di una bottiglia di coca-cola sulle montagne russe. Così mi faccio bella, cercando di mantenere il low-profile degli intellettuali di sinistra che mi immagino di trovare (che troverò). Non sono agitata, sono contenta. 
Mi vedo già redattrice, poi editor, poi talento, scoperto per caso, poi best-seller nazionale. Poi MECENATE.
Esagero, certo. Ma con l'immaginazione non so mica stare calma.

Entro ed è tutto bianco e nuovo. E pieno di libri. C'è un silenzio assoluto.

Mi fanno sedere. Il mio cervello elabora risposte intelligenti ancora prima di sentire le domande.
Invece domande non ce ne sono. Iniziano spiegandomi il lavoro.

Devo correggere le bozze per un'opera omnia. Forse non diventerò mecenate.

Devo correggere un'enormità di bozze, mi specificano che questo sarà un lavoro di pazienza, quelli che hanno studiato editoria nei master non si aspettano di fare, mi raccontano, credono che l'editoria sia intrattenere pubbliche relazioni con gli scrittori - (Eccomi qui!) 
Io, con aria snob rispondo, bé io sono una linguista. Che significa più o meno, figuriamoci che la penso come la gentaglia che va a fare un master- (Propriooooo).

Probabilmente non diventerò neanche best seller.

Proseguono.
Dovrai correggere tutto e farlo gratis, lo stage non è retribuito, questo lo sai.
Non lo sapevo.
Di sicuro non diventerò editor. Farò la pirla povera. Però colta. Lode alla cultura, sempre sia lodata.

Il cervello si spegne. Puf. Si rifiuta di darmi sensazioni. Bene, quando iniziamo? 
Non faccio una piega. Gli intellettuali sono superiori al vile denaro. Questo è un esempio di dissonanza cognitiva.
Mi prendo tempo, voglio prendermi tempo per provare a elaborare un piano.

Aprire un night club. 

Visto che la domenica sono in libreria e il resto della settimana lavoro gratis, apro un night club e dentro ci faccio lavorare tutte le mie amiche laureate che al momento condividono un'esistenza precaria. 
Sarà un night club molto cool. 
Mia sorella canterà Adele. L'Eri farà la lap-dance recitando Euripide. La Pabli saprà stupire i clienti parlando di calcio. L'Alda curerà chi si sente male. L'Anna farà la cameriera sexy con l'accento spagnolo. Io correggerò nuda le bozze per la mattina seguente. Almeno tutte avremo un ruolo.


Esco dalla casa editrice.
Guido per una ventina di chilometri.
Bestemmio.
Piango.



martedì 15 novembre 2011

Un colloquio.

Mi chiamo Ilaria il cognome è difficile, sì, me lo chiedono tutti, si pronuncia con la g gutturale. Da dove vengo. Bé se hai la faccia intelligente ti racconto tutta la storia, della Slovenia, si, ok sono un po' slava, anche se non è proprio corretto, austroungarica sarebbe più giusto. Se hai la faccia da leghista ti dico che sono tedesca, tu pensi che i tedeschi siano più ricchi degli italiani e ti metto il cuore in pace. Ho pure gli occhi azzurri cosa vuoi di più.
Cos'ho studiato? Lettere, linguistica per essere precisi. La battuta su come sarò brava allora a usare la lingua è vecchia come il cucco, sappilo. Non mi sei più simpatico.
Ho studiato linguistica perché mi sarebbe piaciuto rimanere a fare il dottorato. 
Perché non sono rimasta all'università? Perché se un laureato in lettere è inutile un dottorato in linguistica lo è il doppio. E adesso evita. Non guardarmi con quella faccia ipocrita. Cosa? Non dovrei pensarla così? La mia coinquilina a trentatré anni viveva ancora in appartamento con tre studentesse di venti e si faceva dare la paghetta dai suoi genitori. Pensionati. Io vorrei avere un figlio da giovane. Se voglio una famiglia? Certo. Mi piacciono i nomi strani e le domande dei bambini. Guarda. Se una donna vuole dei figli non vuol dire che accantonerà il lavoro. Anzi. Io voglio lavorare per non essere una di quelle madri col pancione e i capelli grigi, mi fanno tristezza. 
Devo descrivermi con tre aggettivi? Bé. Direi intelligente, ma so che penseresti che ammettendolo io sia solo una presuntuosa, quindi facciamo sveglia, sì, sono sveglia, anche se le battute del Berlu non mi fanno ridere. 
Poi.
Sono volonterosa, che quando cerchi un lavoro va sempre bene. VOGLIO TANTISSIMO il lavoro che mi stai offrendo, ho sempre studiato aspirando a uno stage in cui mi paghi due euro e quarantaquattro centesimi all'ora. Adoro.
Ah, e in ultima direi che sono sempre aperta al nuovo. Che non vuol dire un cazzo, lo so, ma mi rende disponibile e tu mi fai un sorriso.
Da quando ho cominciato col corso di dizione ho scoperto che a recitare me la cavo. O per lo meno. So raccontarti la storia dell'orso con una voce che viene dal diaframma molto professionale.
Qual'è il mio lavoro ideale?
Io voglio scrivere. L'ho sempre saputo.  Sì, sì, certo se lo vuoi chiamare hobby e mi fai quella faccia scettica mi sta bene. Ma poi se pubblico e il libro te lo infilo nel culo non lamentarti. 
Te l'avevo detto che ci sarei riuscita.
Che voto darei alla tua offerta da 1 a 10?
Un otto SENZA OMBRA DI DUBBIO. Il mio tempo è gratis, te lo regalo! Noi siamo giovani, abbiamo tutta la vita davanti. Ma figurati, se facciamo un po' gli schiavi cosa vuoi che sia?!? Lo facciamo volentieri. Si corrobora lo spirito! E se la mia privata diventerà esile come le donne sulle passerelle, pazienza, vivrò per il mio lavoro.

Mi farete sapere.
Bene, grazie. Sì, sì. Intanto non prendo impegni. Aspetto la vostra telefonata.
Stanne certo.