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venerdì 4 ottobre 2013

Furore

Da un paio di mesi faccio parte nuovamente di quel 40% di giovani costretti a casa. E visto che non ho un'entrata fissa devo darmi una regolata con le spese. Anche con i libri. Comprare meno libri è un brutto segno, ma in Italia ultimamente i brutti segni sono dappertutto.

Il fatto che io compri meno non significa che io legga meno. Anzi. Riconsidero quei classici che per mancanza di tempo o per pigrizia avevo abbandonato sugli scaffali della mia libreria, lasciando che si prendessero la polvere visto che non pulisco troppo spesso.

Furore non l'avevo ancora letto perché i miei, soprattutto mio padre, insistevano troppo nel consigliarmelo. Lo rifiutavo per principio. Di Steinbeck avevo amato Uomini e topi, ormai sono passati quattordici anni da quando al ginnasio avevamo dovuto scrivere la recensione.

Furore è considerato un classico del Novecento, racconta la storia di una famiglia di agricoltori e del loro viaggio in cerca di fortuna verso e in California.
Quello dei Joan è un pellegrinaggio straziante e senza fine. Non posso fare a meno di scoprire l'attualità amara del racconto di Steinbeck. C'è il lavoro stagionale, che come gli stage o i contratti a tempo determinato, ti condanna a rimanere attaccato alla famiglia, unica possibilità per sopravvivere, per provare a rimettersi in piedi e continuare a cercare.

Sembra che la stessa crisi di allora sia tornata oggi, come la morte, con lo stesso volto.
C'è un passo del libro che mi sono segnata. Dice:

Non faccio altro che ascoltare. E poi medito su quel che sento. Ascolto i poveri parlare, e capisco quanto soffrono. Sai cosa mi sembrano? Rondini rinchiuse in qualche soffitta, che sbattono le ali invano, e picchiano la testa contro i vetri polverosi della finestra.

Ecco. Anch'io guardo le rondini schiantarsi e morire. Rompono il vetro e dietro c'è un muro.

Furore termina con un'immagine pietosa, piena di bellezza e di una miseria commovente. Non ve la anticipo.

Se mai vivremo abbastanza a lungo per essere stormo, ci poseremo insieme sui fili della luce a guardare il colore del futuro che ormai tutti abbiamo dimenticato.