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lunedì 20 aprile 2015

E' qui la festa!

E' un uomo rotondo, che parla il dialetto veneto con le o troppo chiuse. Sei nato in Puglia? Gli chiedo. E' siciliano ma ha girato il mondo, mi risponde.
Ha trentatré anni, quando Marco lo scopre mi chiede se anche lui sembra così vecchio. Lo rassicuro.

Quando abbiamo scelto l'appartamento in cui abitare abbiamo valutato tre fattori: il numero dei bagni, i collegamenti con le città vicine, la quiete. Passano talmente poche macchine che dal salotto riusciamo a sentire il torrente scorrere, la mattina presto entrano in casa i muggiti delle vacche della stalla vicina. Quando proprio c'è confusione è perché due trattori si incrociano andando in direzioni opposte, mi pare giusto che un imprenditore di trent'anni, che a detta sua ha visitato tutti i continenti, scelga proprio il piano terra del nostro stabile per aprire un'enoteca.

Cerchiamo di prenderla bene. Beviamo un aperitivo per fare amicizia: gli è appena nata una nipote che si chiama Renesmee. Reni che??? Renesmee, non hai mai visto Twilight, mi domanda l'uomo con aria stupita.
Faccio una faccia disinvolta e sospiro.
Lui mi serve del pecorino.

Ci racconta che ha grandi progetti: togliere il melo dal giardino e costruire un'area pavimentata dove mettere i tavolini, magari ricavando uno spazio attrezzato dedicato ai cani. Mi chiedo che senso abbia, visto che stiamo in un posto in mezzo ai campi che per gli animali è meglio di un luna park.
In estate farà gli stessi orari del Billionaire, aggiunge.
Ora, vorrei ricordargli che Monte di Malo non è esattamente in Sardegna e che lui non si chiama Flavio Briatore. Marco si limita a sgranare gli occhi e a ordinare un altro giro.

Come previsto passa poca gente, sentiamo ancora il rumore del torrente e le mucche muggire. L'uomo aspetta i clienti dietro il bancone, è sempre sorridente, mi domando dove trovi l'ottimismo.
Sulla pagina facebook dell'enoteca ogni settimana compaiono le foto dei clienti, è qui la festa! c'è scritto sull'album, mi ricorda quelle ragazze brutte che nella foto del profilo sembrano bellissime.
Il parcheggio è sempre vuoto. Qualche sera gli facciamo compagnia, scendiamo in ciabatte e troviamo anche la vicina, lui porta un pezzo di salame e lo dà al nostro cane.

Ogni venerdì c'è il karaoke. Quando inizia Io vagabondo vado a dormire. Davanti c'è baratro e noi cantiamo sempre le stesse canzoni.

lunedì 11 agosto 2014

Partire

Ogni oggetto nuovo è da scartare. Taglio le scatole, apro le buste di cellophane, levo le etichette, sfaldo le unghie. Il pavimento si riempie di sporco, calpesto il nastro adesivo e lui per vendetta si incolla sotto le suole.
Rompo una tazzina. Tutte le cose hanno una consistenza, la fatica è dura e appiccicosa come le mie spalle quando sollevo il decimo scatolone. 
Puzzo di sudore, tolgo la maglietta.

Penso tanto, leggo poco.

Ho ricordato la storia di ogni libro che ho chiuso dentro un pacco -dove l'ho comprato, se ero felice- ho riempito diciassette scatoloni, ventinove anni, li ho sentiti per la prima volta.
Nei sacchi della spazzatura getto i biglietti dei concerti, gli auguri di natale e le medicine scadute.
Mi ripeto che infondo mica mi sto sposando, posso sempre tornare indietro.
Mia madre mi ha già detto che vorrebbe un nipotino, cinque volte in un paio di giorni. Le ho risposto che prima devo scrivere un romanzo.

Tengo le lettere e i diari, ci sono un mare di parole che mi hanno fatto capire meglio il mondo, monto comunque gli scaffali ikea nella maniera sbagliata, bestemmio un paio di volte e lascio il martello sul pavimento.

Quando pulisco lo specchio faccio uno spruzzo sopra il viso, così divento un soffione. Com'è che sono cresciuta e non mi sono accorta del tempo che mi attraversava, ogni inverno mi sembrava diverso e invece ero io che cambiavo gli occhi.

Ripenso a com'è stato essere un'adolescente magra, sempre chiusa dentro una stanza, alle amiche, ai nuovi fratelli, a quando l'amore era ad un bivio e tutte le direzioni mi parevano giuste.

Lasciare il mio materasso memory sarà una tragedia. Salgo in camera e strofino la spugna dentro i cassetti, c'è odore di liquirizia o forse di fumo.
Apro i balconi.
Fuori le pannocchie hanno un ciuffo biondo, sotto di me c'è un mare verde gonfio di agosto ed erba umida. Vorrei giocare a pallone e sbucciarmi le ginocchia col corpo che avevo da bambina.

Oggi sono ancora io, domani come saremo?

mercoledì 23 luglio 2014

Fuoco d'artificio

Mi prende la mano come fosse un'erbaccia da strappare dalla terra, mi dice, vieni, ti devo mostrare una cosa.
Cammina a testa bassa, con un cappellino rosso che gli ripara gli occhi dal sole, occhi liquidi e pieni di domande perché il mondo l'hanno visto poco.
Daniele ha i piedi piccoli e il passo svelto. 
Sono preoccupato, continua.
Per cosa? Gli chiedo.
Mi indica un gruppo di bambini accovacciati in cerchio in un angolo del cortile. Nessuno mi bada, mi unisco al gruppo ed è come se ci fossi sempre stata.
Prendi dell'acqua, mi ordinano, le lumache sono animali acquatici. 
Al centro c'è una chiocciola che striscia lasciando la bava. I bambini le mettono davanti il palmo per farle cambiare tragitto.
Lasciatela in pace, dico io.
E' la più fortunata, mi rispondono loro.

Si alzano all'improvviso e mi portano vicino alla pozzanghera, ci sono quattro chiocciole frantumate, il corpo molle luccica al sole e rattrappisce.
Stavamo facendo una corsa di lumache e questa è l'unica che ha vinto. Le altre le abbiamo uccise, mi spiegano.
Prendono la chiocciola e la posano sull'erba. Poi si avvicinano ai tentacoli e cominciano a gridare. Hanno voci che pungono, mi danno fastidio. 
Vogliamo capire se le lumache hanno le orecchie, ma ci sembra di no.
Prendo la bestiola e la infilo dentro la siepe. Andate a giocare a calcio e smettetela. 
Loro annuiscono e corrono a prendere i palloni. Solo Luca mi chiama stronza e mi pianta il muso.

Più tardi controllo che tutto vada bene. Daniele è in porta, para i colpi unendo gli avambracci, Giovanni tira con forza, il corpo si piega, il pallone si solleva e vola a rete. Qualcuno esulta, Giacomo sputa.
Sopra le montagne le nuvole si gonfiano, così anche il sole si inzuppa e l'aria diventa umida.
Arriva Luca si prepara davanti alla porta, è senza pallone, Daniele lo squadra.
Luca prende qualcosa dalla tasca, lo lancia in alto e brilla prima di ricadere. 
Quando capisco è già tardi.
Luca calcia la chiocciola che esplode e si sparpaglia, un fuoco d'artificio.
I bambini intorno ridono e applaudono. Due arrivano facendo la sirena dell'ambulanza.
Adesso abbiamo abbastanza lumache per costruire un cimitero, mi dicono. Cercane altre che intanto seppelliamo queste.

lunedì 23 aprile 2012

Lessico famigliare

Venerdì. A pranzo.

Mia madre chiede a mio padre, dove andiamo questo week end? Mio padre ha un sussulto impercettibile, pensavo di andar a fare un giro in bicicletta con gli altri. 
Eccolo, fa il finto tonto.
Mia madre non molla. Sì, ma dopo?  Perché, pensavo che si potrebbe andare a Treviso, o anche a Venezia, ti piacerebbe? Oppure si potrebbe andare a camminare su a Campogrosso.
Vediamo domani, le risponde mio padre.
Primo, fatalissimo, errore. Eccola che si rabbuia. 
E voi due cosa fate?
Bo, non so, son stanca, non ho balle di uscire. Vedrò Fede.
Balle. Secondo errore, l'appiglio.
BAM!
Serena, hai una bocca che fa schifo, dovete smetterla con queste parole, non ho allevato due scaricatori, la prossima volta che dici balle la macchina non la vedi più. E anche tu Ilaria, non scrivere messaggi mentre mangi, la prossima volta che ti vedo, butto il cellulare fuori dalla finestra. Ma è possibile?!?
Mio padre, da bravo genitore che è, finché mia madre predica dandogli le spalle, si mette a tirar fuori la lingua facendo il babbeo. 
Mamma, il papà ci fa il verso!
Lui si ricompone immediatamente, mia madre lo fulmina. Allora cosa facciamo domani?
E se invitassimo qualcuno a mangiare? dice mio padre, potrei fare il risotto coi carletti, dai che sento Bobo.
Mia mamma pianta un  muso così lungo che mi viene voglia di sdrammatizzare.
Mami, sono il tuo cuccioletto? 
E mia madre neanche a dirlo coglie la palla al balzo, Ilaria, e se andassimo io e te a farci una passeggiata nel bosco?
Atterrita ho lo stesso sussulto, percettibilissimo, che ha avuto prima, mio padre.
Io vado a Valdagno.
Con che macchina, scusa? dice lei. Perché se tuo papà non mi porta fuori la mia macchina la uso io.
Divento immediatamente sua alleata.
Papà dai, andate a farvi un giro, siete sempre dentro...
Ed ecco il terzo errore, mio padre mi risponde cazzo vuoi, tu? me lo dice scherzando, ma mia madre ormai ha ingranato la quinta. E sparata riattacca,
Ladi, come devo dirtelo, in casa mia queste parole non si dicono, te si proprio da Malo. E improvvisamente gli occhi le diventano lucidi, noi tre ci guardiamo, tutto diventa chiaro.
A mia madre comincia a tremare il mento. 
Amore, le dice mio padre.
Vaffanculo, risponde mia madre. Si alza e va a chiudersi in bagno.

Questo è il modo con cui mia madre ci fa sapere che ha i compiti di quinta da correggere. 
E non ne ha per niente voglia, se non l'aveste capito bene.