giovedì 4 dicembre 2014

Colazioni

In cucina abbiamo un lampadario arancione che fa una luce composta, l'abbiamo scelto quest'estate di comune accordo e quando l'abbiamo montato e ci siamo accorti che non riusciva a illuminare l'intera stanza ci siamo rimasti male e ne abbiamo aggiunto uno di verde.
I due lampadari sono dello stesso tipo, piuttosto pigri si accendono svogliati e per brillare ci mettono un quarto d'ora buono.

Dopo quattro mesi di convivenza è quasi arrivato l'inverno, al mattino scendiamo per la colazione e fuori è buio pesto, si vedono solo gli alberi neri e la strada bagnata. 
Chi mi aveva detto che la convivenza ti fa scoprire aspetti nuovi del tuo compagno aveva ragione.

Accendo la luce per riuscire a mettere il caffè dentro la moka. 
Marco si copre gli occhi ed emette un gemito sofferente, neanche avesse visto Medusa, e si stesse trasformando in pietra. Macchè. Mi dice che la mattina lui ha gli occhi sensibili e che preferisce se restiamo nell'ombra, che problema c'è, Ilaria?

Ora, c'è il problema che io già sono maldestra di mio figuriamoci se proprio non ci vedo. E che la mattina sono subito piena di energie e vorrei condividerle col mondo, mica con Voldemort.

Decido di non badarlo, lascio il lampadario splendere fioco.
Decide di non parlarmi, non mi rivolge la parola fino a sera.

Il giorno dopo accendo la luce. Lui la spegne. Così gli urlo che non ci vedo e lui mi dice che la luce del frigo dovrebbe essere abbastanza per quello che devo fare.
Valuto se tirargli la caffettiera in testa, poi scelgo di piantargli un bel muso lungo. 

Quando il tempo è buono e le giornate sono chiare usiamo la luce naturale, fila tutto liscio. Poi arriva questa settimana e dal cielo cadono i fiumi.

Suona la sveglia, Marco mi abbraccia e come prima cosa mi dice che potrei rimanere a letto visto che sono a casa a preparare l'esame: posso fare colazione da sola, con la luce, dopo di lui. 
Io mi offendo a morte perché gli ricordo che starò sui libri almeno una decina di ore, da sola, a ripetere la prima guerra mondiale al muro, che è piuttosto di poche parole, e che stare con qualcuno di vivo mi servirebbe per affrontare meglio una giornata di merda.

Ci insultiamo. 

Poi arriva la sera, facciamo pace e raggiungiamo un accordo equo: un giorno luce, un giorno buio. 

Ieri era il mio giorno. 
Marco si era calato sul viso un cappuccio di una felpa a righe, beveva il suo thé come l'avrebbe fatto un prigioniero di Alcatraz.
Oggi è stato il suo, buio!, me l'ha annunciato tutto contento scendendo le scale per andare in cucina. Ho versato tutto il caffè sul lavandino.
Se vuoi, mi ha concesso Marco, puoi farti luce col lumino del profumatore per ambienti.

Ora, sapete, io credo che la convivenza più che la via per il matrimonio, mi stia aprendo la via della santità.

4 commenti:

  1. È proprio vero che fin che non ci si vive nella quotidianitá dei momenti belli e dei momenti brutti molti aspetti dell'altro restano nascosti. Mi fa ridere e piangere questa storia dato che tra qualche mese affronterò la stessa avventura....e io amo la mattina! Do il meglio di me, sono piena di energie, amo la colazione, amo la luce! E sto con uno che la mattina grugnisce e all'apertura minima del balcone reagisce come Dracula alla vista dell'alba! Per andare d'accordo per fortuna esistono i compromessi....respect for respect....ma in questo caso....se n'annassero a f******!.....

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  2. ma perché non gli fai indossare degli occhiali da sole?

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  3. Me l'hanno già suggerito i miei amici pugili. Non li vuole indossare perché sono graduati e gli irriterebbero gli occhi più della luce.
    L'è dura, l'è dura!

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