venerdì 22 marzo 2013

Una parafrasi

Da quando ho aperto il Pesce ho cominciato a seguire il blog di Lorenzo Amurri. 
Il cognome Amurri non mi diceva perfettamente niente, mi piaceva -e mi piace- leggere i suoi post, punto.

Solo che poi esce Apnea per Fandango, il suo primo romanzo.
Lo leggo.
E mi ritrovo a vedere Lorenzo per la prima volta, dalla Bignardi. 

E' molto bello.

Credo che porcatroia sia la parola che meglio riassuma il cumulo di sensazioni che mi ha dato il libro. 

Parafraso l'espressione, così potete capirla anche voi.

Apnea è il racconto di un dolore, maledetto e soprattutto personale. L'autore ha vissuto un incidente terribile, il suo corpo si è spezzato.

Scopro che non è difficile vivere un incidente, il difficile è sopravvivergli. C'è un'enorme differenza. 
E Lorenzo me l'ha fatto intendere bene, senza retorica.

Sapete, contiene un sacco di corpo il suo libro, ci sono tubicini, cateteri e tanti dettagli, a leggerli ti crolla addosso una valanga di pensieri ed emozioni e nessuno ti aveva avvisato che sarebbe successo.
SBAMMM!
Roberto Ferrucci ci diceva sempre che uno scrittore è davvero bravo quando ti fa capire un sentimento senza nominarlo.  
Io credo che Amurri sia stato bravo.
Perché si è spogliato degli orpelli che ti trovi inchiodati dentro quando hai avuto un passato sfortunato che ha determinato una vita per forza di cose.
Ci sono dolori che in qualche modo possono limitare in partenza la scrittura che essi stessi generano.
E invece no, Lorenzo nella scrittura mantiene sempre un certo equilibrio, una precisione che rende la sua storia anche un buon racconto. Le due cose non sempre vanno di pari passo. 
E la sua salvezza diventa anche un po' nostra.

Ecco. Credo che porcatroia sia più un'onomatopea, una colonna sonora. Spero che la troviate più dolce adesso che ve l' ho spiegata. 

3 commenti:

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